Formazione: tra inutili drammi e reali strumentalizzazioni
12 nov 2014La legge impone a tutti gli iscritti agli Ordini professionali, non ai giornalisti, di partecipare a corsi di formazione-aggiornamento. E’ una legge che richiama un principio teorico sacrosanto, ma che sta creando mille e mille difficoltà a quanti sono tenuti a rispettarla. Ci sono altri Ordini che da anni erano chiamati ad organizzare corsi di aggiornamento e, quindi, hanno collaudato una macchina che i giornalisti hanno messo in moto a luglio del 2014, dopo aver ottenuto tutti i visti del Ministero al relativo regolamento.
Lo spirito, condiviso a parole da tutti, era che inevitabilmente avremmo commesso errori, ma che insieme, con tutti gli Ordini regionali, avremmo proceduto a fare i doverosi aggiustamenti, maturando una esperienza che fin qui non avevamo.
Ci sono stati, per questo, inizialmente casi paradossali di proposte di corsi a titolo oneroso in numero prevalente rispetto a quelli a titolo gratuito. Nell’affanno di offrire ai colleghi proposte c’è stato chi ha accreditato come riservato anche ai giornalisti corsi che, invece, gli organizzatori avevano predisposto per i sindacalisti. Errori comprensibili, spiegabili con la voglia di creare utili opportunità di crescita per i colleghi. Ci sono stati, è doveroso ammetterlo, corsi assolutamente inadeguati. E’ stata una vera sorpresa sia per l’Odg regionale che lo aveva organizzato sia per quello nazionale. Ma nessuno poteva ipotizzare che quei “docenti”, con il loro curriculum professionale, non sarebbero stati in grado di soddisfare le esigenze minime dei colleghi. Quei corsi non sono stati più replicati.
I CORSI GRATUITI. L’indicazione dell’Ordine nazionale, condivisa da tutti i presidenti e i vice presidenti di quelli regionali, è che debba essere organizzato un numero di corsi gratuiti utili a soddisfare le esigenze dei colleghi. Se questo non avverrà, è evidente che l’Ordine regionale, chiamato dalla legge a valutare sotto il profilo disciplinare la posizione di chi non conseguirà il numero dei crediti previsti, avrà obiettive difficoltà a farlo. Se l’offerta formativa non è sufficiente, ad essere penalizzati non potranno essere i colleghi. La linea è questa, senza se e senza ma.
Al fini di sfatare molte delle chiacchiere che circolano, alla data del 12 novembre 2014, gli Odg regionali (ai quali va dato atto di uno sforzo lodevole) hanno organizzato in totale 1063 corsi. Ben 870 di questi sono stati a titolo assolutamente gratuito (alcuni Ordini hanno ipotizzato il versamento di un ticket di pochi euro). Gli altri sono stati organizzati da enti formatori terzi su materie attinenti la professione (e, quindi, a termine di legge non era possibile bloccarli), materie sulle quali – salvo casi sporadici – gli Odg regionali avevano organizzato analoghi corsi gratuiti.
I CORSI A PAGAMENTO. La legge prevede che enti formatori in attività da più di tre anni possano chiedere il riconoscimento ad operare anche nel nostro mondo. Il richiedente deve fornire una adeguata documentazione. L’Odg nazionale deve istruire la pratica e trasmetterla al Ministero della Giustizia per un parere vincolante. Se l’ente richiedente ha i requisiti (ad esempio una Università), l’Odg deve inoltrare la richiesta di accreditamento. In una fase successiva, l’ente accreditato deve proporre uno specifico corso. L’Odg valuta la qualità dei docenti e se l’argomento non è estraneo alle nostre problematiche non può negare il diritto di organizzarlo, salvo violare la legge. Non c’è un obbligo alcuno di partecipare a corsi a pagamento, quale che sia il loro costo. I segnali che abbiamo documentano che gli enti formatori terzi si stanno rendendo conto che i loro corsi non riscuotono consenso. Tra l’altro, meritoriamente, gli Odg regionali in non pochi casi avevano organizzato corsi a titolo gratuito sulla stessa materia.
LE MATERIE DELLA FORMAZIONE. Alcune sono quasi scontate (ma altrettanto necessarie), altre possono rappresentare un contributo di crescita nella evoluzione della professione. Ci sono colleghi che lamentano di avere avanzato proposte agli Odg regionali e di non avere avuto risposta alcuna. Chiedo loro di avere pazienza e, se proprio non riescono ad ottenere un riscontro, segnalino l’inconveniente. Molte volte, lo abbiamo accertato, è semplicemente accaduto che quella e-mail non sia arrivata all’Odg regionale (la posta elettronica ha dei buchi non solo nella nostra casella personale). Altri colleghi chiedono l’inserimento di corsi più specifici, collegati maggiormente alla realtà contemporanea. Propongano i corsi agli Odg regionali o a quello nazionale. Con una consapevolezza: non possiamo protestare per i corsi a pagamento e pretendere che per quello che suggeriamo noi si faccia una eccezione e che i docenti (spesso noi stessi) vengano retribuiti.
L’Odg nazionale ha messo a disposizione di quelli regionali – alcuni dei quali hanno bilanci molto ricchi, grazie ad una saggia amministrazione – nel triennio 2014-2016 circa 1.500.000 euro (477.000, solo nel 2014 oltre quanto investito dall’Odg nazionale per la creazione e la gestione della piattaforma). Una somma che è stato possibile reperire operando risparmi significativi, non potendo contare su maggiori entrate perché, con una scelta responsabile, l’Ordine nazionale ha stabilito di non aumentare la quota di iscrizione di sua spettanza che rimane fissa a euro 50,00 (somma dalla quale va detratta una percentuale per la riscossione che viene trattenuta dagli Ordini regionali) dal 2002, cioè da 13 anni.
I PROFESSIONISTI DEL CLIC. I corsi gratuiti “vanno subito esauriti”, è il messaggio comune che arriva all’Odg nazionale. Abbiamo riscontrato che ci sono dei veri professionisti del clic. C’è chi è riuscito ad accreditarsi a 30 eventi: sì, 30. Stiamo adeguando il sistema così che non sarà possibile registrarsi a più di due eventi in programma. Il collega interessato, fino alla conclusione di quegli eventi, dovrà avere pazienza e lasciare qualche opportunità agli altri. Stiamo anche cercando di trovare il sistema per bloccare chi si prenota per un evento e poi, senza avvertire, non si presenta. E’ un comportamento scorretto che crea danni ai colleghi e allo stesso Ordine organizzatore. Certo, possono sorgere problemi dopo una prenotazione. Ma il collega deve sentire il dovere di procedere, sempre tramite la piattaforma, ad annullare la sua partecipazione.
COME VENGONO ACCREDITATI I CORSI. Gli Ordini regionali trasmettono al nazionale i piani formativi con cadenza bimestrale. Il Comitato tecnico scientifico del Cnog li valuta e procede alla assegnazione dei crediti prima che l’evento si verifichi. Non è possibile riconoscere crediti per corsi già realizzati per una ragione semplicissima, che chiunque tra di noi condivide quando la cosa riguarda gli altri: occorre fare i controlli, verificare le presenze (all’inizio e alla fine del corso). Chiunque partecipa a corsi che vengono propagandati con la dicitura “in attesa di accreditamento ….” sappia che potrà non avere i crediti promessi.
IL NUMERO DEI CREDITI. Nel triennio si debbono conseguire complessivamente 60 crediti, la metà dei quali possono essere acquisiti con i corsi on line (ne esistono già tre e altri stanno per essere resi disponibili). I 60 crediti non possono essere ottenuti tutti nello stesso anno o con un unico evento. C’è, infatti, l’obbligo di avere per ogni anno un minimo di 15 crediti formativi. Il che significa che in un anno, quale che sia il numero dei corsi frequentati, non possono essere accreditati ai fini dell’assolvimento dell’obbligo formativo più di 30 crediti. Cioè, i crediti in eccesso rispetto al massimo di 30 verranno accreditati, ma non potranno essere portati a compensazione degli obblighi degli anni successivi.
CHI DEVE FARE I CORSI. Tutti i giornalisti in attività. Sono esclusi, quindi, coloro i quali sono in pensione e non abbiano collaborazioni. Attualmente sono esentati gli iscritti da meno di tre anni (dalla loro prima iscrizione all’Ordine, quale che sia o sia stato il loro elenco: pubblicisti o professionisti). Quest’ultima esclusione è stata contestata dal Ministero della Giustizia che ha chiesto all’Odg di eliminarla. Il che significa che con l’entrata in vigore del nuovo regolamento, TUTTI gli iscritti all’Albo, anche quelli con meno di 3 anni di iscrizione dovranno partecipare ai corsi di formazione-aggiornamento.
LE ESENZIONI. Sono previste esenzioni annuali nei casi di maternità o congedo parentale, servizio militare e civile, malattia grave, infortunio, assenza dall’Italia e altri fattori che determinino l’interruzione della attività professionale per almeno sei mesi. Non si applicano limitazioni ai crediti formativi conseguibili con i corsi on line a coloro che operano stabilmente all’estero. Competenti a decidere sulle esenzioni sono i Consigli regionali dell’Ordine.
GLI INUTILI DRAMMI. Può essere noioso (o complicato) partecipare ai corsi. E’ doveroso ammetterlo. Ma un esempio può aiutare a non far drammi. Nel 2014 occorre acquisire un minimo di 15 crediti. C’è un corso on line di deontologia che ne vale 10. Ne mancano altri 5, al minimo: richiedono un impegno frontale che può andare da 3 a 5 ore. Davvero, senza quel corso o altri analoghi, on line, è fatica insopportabile dedicare 15 ore L’ANNO al proprio aggiornamento professionale (un credito per ora con l’aumento di due crediti per gli appuntamenti con contenuto deontologico)? Quindici ore in un anno!
LE ESIGENZE DI UNA RIFORMA E LE STRUMENTALIZZAZIONI. La cosa più curiosa è che arrivano proteste non solo dai colleghi che credono, SBAGLlANDO, che l’obbligo riguardi solo i giornalisti o, peggio, sia un’invenzione dell’Ordine, ma anche da alcuni parlamentari, iscritti all’Albo, che quella norma hanno approvato alla Camera dei Deputati o al Senato della Repubblica. Una norma che riguarda TUTTI gli Ordini professionali.
La legge, alla luce dell’esperienza, va cambiata. C’è un aspetto economico (non è il primo e forse non è neanche elegante: MA ESISTE) perché i corsi di qualità comportano spese e non è morale ipotizzare corsi a pagamento per una categoria che sta vivendo una crisi devastante. Ma ce ne sono anche altri. Così nascono suggerimenti, tutti apprezzabili, dando per scontata la buona fede di chi li avanza. Con l’esclusione di quanti giocano allo scaricabarile sull’Ordine nazionale, che svolge solo una azione di verifica di quanto proposto dagli Ordini regionali.
Qualche ipotesi crea perplessità perché l’idea di accreditare come priorità l’esonero di alcuni in base alle funzioni che svolgono – ad esempio i direttori, legando la misura agli impegni che quei ruoli comportano – non è accettabile. Anche fare il corrispondente (professionista o pubblicista) richiede un lavoro di moltissime ore. Quasi sempre senza neanche grandi soddisfazioni economiche. Senza contare che ai direttori e a tutta la catena di comando farebbe bene una rinfrescatina delle carte deontologiche vecchie e nuove. A cominciare da quella di Firenze che sanziona “la riduzione in schiavitù” con migliaia di colleghi pagati pochi spiccioli ad articolo o servizio.
Il problema resta. A parte le esenzioni (vedi voce) si potrebbe con una norma, questa sì dalle sane finalità, imporre agli editori una partecipazione a questo impegno, risolvendo o almeno attenuando i problemi dei costi dei corsi. Gli stessi editori che stanno alla finestra a guardare e non si fanno neanche carico di accordare permessi per poter partecipare ai corsi imposti da una legge dello Stato. Ecco prime cose, vere priorità nell’affrontare le norme sulla formazione, ma che non è popolare affrontare perché poi si viene tagliati fuori dalle cronache di giornali e tv. Si potrebbe, ancora, prevedere che superata una anzianità professionale, come avviene per qualche altra categoria, ci sia una esenzione dall’obbligo, rendendo la partecipazione facoltativa. Le priorità, limitandosi all’argomento formazione, dovrebbero essere queste. Accettando un confronto che non risenta né degli umori personali né delle suggestioni che possono venire da questo o quel singolo che ci strattona per interessi personali.
La buona politica dovrebbe occuparsi preliminarmente degli ultimi, i più.